La dodicesima notte di William Shakespeare | Utopia e distopia

la dodicesima notte william shakespeare
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Quando ho iniziato a leggere La dodicesima notte di William Shakespeare ho pensato – un po’ irrispettosamente – ecco, ci risiamo, l’ennesima commedia di Shakespeare in cui c’è gente che si traveste da altra gente e si arriva a un punto in cui nessuno  dei personaggi capisce più cosa gli stia capitando.

Male, cara Elena, molto molto male.
Purtroppo il mio approccio con le commedie di Shakespeare è spesso prevenuto, so di sbagliare ma istintivamente reagisco così.

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Dopo di che però, il piccolo topo di biblioteca che è in me viene fuori e mi dice no mia cara piccola insolente, questo è Will, è sopravvissuto a 400 anni di letteratura ed è ancora qui, davanti a noi, più vivo che mai a dirci cose. Effai uno sforzo!

Così ho fatto uno sforzo che non è poi stato questo sforzo sovraumano: sarà che Agostino Lombardo scrive delle introduzioni bellissime, sarà che Shakespeare, se ti soffermi a guardarlo un po’ più in profondità, ti rivela cose magnifiche, ma appena ho grattato un po’ la superficie La dodicesima notte mi si è svelata in tutta la sua bellezza.

– TEMPO DI LETTURA 4 MINUTI –

La dodicesima notte | La trama

La dodicesima notte è una commedia degli errori di plautina memoria: la storia parla, ridotta ai minimi termini, di due gemelli che vengono scambiati l’uno per l’altro.

Ovviamente il caro Will ci mette dentro tutto il suo straordinario talento di drammaturgo: la storia si divide in due plot paralleli, il principale vede Viola arrivare sulle coste dell’Illiria in seguito ad un naufragio. Viaggiava insieme al fratello Sebastian e non vedendolo lì con lei immagina sia morto. Così, da sola, decide di presentarsi a corte ma preferisce travestirsi da uomo. Arriverà quindi a corte sotto le mentite spoglie di Cesario e si presenterà al duca Orsino che farà di lui un messaggero d’amore. Il duca Orsino è infatti innamoratissimo della contessa Olivia e le invierà proprio Cesario per portarle i suoi messaggi d’amore.

Essendo una commedia degli errori, Shakespeare si sente libero di complicare ulteriormente la trama facendo sì che la contessa Olivia si innamori di Cesario che – oltre il danno la beffa – non solo è un mero messaggero ma in più – noi lettori lo sappiamo ma i personaggi no – è anche una donna.



Il cosiddetto subplot ossia la trama secondaria è fondamentalmente incentrata su una beffa ai danni di Malvolio, il maggiordomo della contessa Olivia.
Tutta la servitù della casa si riunisce e ordisce questa beffa ai suoi danni, facendogli credere che la contessa sia follemente innamorata di lui.

Essendo una commedia tutto si risolve per il meglio, tutti gli strani innamoramenti incrociati trovano una loro sistemazione e il fratello di Viola, Sebastian, viene ritrovato sano e salvo (non senza essere prima scambiato un po’ di volte per la sorella travestita da Cesario).
Anche il subplot si risolve e alla fine la beffa ai danni di Malvolio viene svelata.

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Daniel Maclise – Scene from ‘Twelfth Night’ (‘Malvolio and the Countess’)- Exhibited 1840

La dodicesima notte | Una commedia non-commedia?

Addentrandomi nella lettura ho iniziato a pensare beh sicuramente questa è una delle cosiddette dark comedies del caro Will – ossia quelle commedie un po’ “oscure” come Il Mercante di Venezia, in cui, sì, il finale è positivo ma non è sereno e gioioso e lascia un bel po’ di inquietudine e riflessioni da fare.

Emh. Sbagliato. Agostino Lombardo, nella sua introduzione – introduzione all’edizione che ho letto io, quella Feltrinelli – esclude categoricamente che la commedia possa essere inserita fra le dark comedies. Ho preso un granchio, lo ammetto, ma soprattutto la trama che vede come protagonista Malvolio mi ha colpito e mi ha lasciato non pochi interrogativi.

La beffa organizzata ai danni di Malvolio arriva ad un punto in cui tutti i personaggi coinvolti fanno credere a Malvolio di essere pazzo: la beffa da divertente e allegra prende una strana piega inquietante – lo stesso Lombardo definisce questa parte ai limiti della disgregazione mentale.
Nulla da togliere alla cara Viola-Sebastian, ma come spesso succede in Shakespeare il centro è paradossalmente decentrato e, a mio avviso, anche ne La dodicesima notte, il centro della narrazione non è affatto la vicenda di Viola, Orsino e Olivia ma è la vicenda di Malvolio.



Malvolio, con tutte le dovute differenze  – soprattutto di ruolo svolto all’interno dell’opera – mi appare come uno Iago: teoricamente è solo un consigliere, un personaggio secondario, di fatto, però, regge tutta l’opera.
La differenza sostanziale sta ovviamente nel fatto che Iago è componente attiva nello svolgersi della trama, Malvolio subisce passivamente la storia decisa da altri ma nel suo subire la disgregazione mentale di cui si parlava è portatore principale del significato dell’opera: le certezze non esistono, siamo tutti in balia del caos.

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La dodicesima notte |  Il rapporto col periodo storico

E qui arriviamo alla mia parte preferita, ossia quella in cui vi dico che analizzare un’opera mettendola in relazione col periodo storico in cui è stata scritta è il modo più efficace per comprenderla – ed è anche una figata.

La dodicesima notte è una commedia scritta intorno al 1600, la regina, Elisabetta I era una donna molto anziana per gli standard del periodo e tutti si aspettavano la sua morte (che sarebbe arrivata solo tre anni dopo) che avrebbe portato non solo la perdita di una sovrana che nel bene o nel male aveva conquistato i suoi sudditi ma soprattutto la perdita di un potere politico stabile. Elisabetta infatti non aveva eredi e non aveva nominato nessuno come suo successore. In quel periodo gli inglesi non sapevano né quando né come avrebbero dovuto voltare pagina e passare ad un dopo Elisabetta.

In più, a livello mondiale, il ‘500 e il ‘600 furono due secoli destabilizzanti per via delle scoperte scientifiche, per i mutamenti politici e per le idee filosofiche che si svilupparono. Insomma, non c’era da stare tranquilli.



Il nostro caro Will riesce perfettamente a distillare questo stato d’animo e per di più ad inserirlo in una commedia  – non molti anni più tardi inserirà più o meno gli stessi temi anche in una tragedia storica, Giulio Cesare.
Lo spettatore/lettore sa perfettamente tutto quello che avviene sulla scena, conosce tutti i travestimenti e tutte le beffe ma i personaggi no: chi vive la scena vive in balia del caso, delle decisioni altrui e del tutto allo scuro di ciò che sarà di lui.

In ultimo, l’Illiria.
Shakespeare inventa un Paese che evoca rassicuranti pensieri di armonia e classicità e lo riempie con una storia che è tutto meno che armoniosa e rassicurante.

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