Dopo aver letto La Bella e la Bestia. Quindici metamorfosi di una fiaba edito Donizelli, rispondere alla domanda chi ha scritto La Bella e la Bestia mi risulta particolarmente difficile.
La Bella e La Bestia è una fiaba entrata nel mio cuore ormai nel lontano 1993: avevo 7 anni, era il mio secondo film al cinema e neanche a dirlo, Belle divenne la mia eroina: era bella, leggeva, cantava e vestiva una meravigliosa gonna puffosa. Tutto quello che avevo sempre sognato!
Scherzi a parte, il recente revival disneyano del cartone, mi ha fatto venire un po’ di nostalgia dei bei vecchi tempi andati in cui potevo immedesimarmi completamente in un cartone senza sembrare pazza.
Così mi sono fiondata in biblioteca e ho fatto qualche ricerca… volevo scrivere qualcosa per il blog, qualcosa che riguardasse l’origine letteraria della fiaba e sono partita proprio da quella domanda: chi ha scritto la Bella e la Bestia?
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La Bella e la Bestia, trama
La prima autrice de La Bella e la Bestia nella forma che conosciamo oggi è Madame de Villeneuve, una scrittrice francese vissuta nella prima metà del Settecento ma in realtà quella settecentesca è la più antica variante letteraria di una fiaba che viene davvero da molto lontano e che ha subito moltissime metamorfosi nel corso dei secoli.
L’origine più antica de La Bella e la Bestia è rintracciata nel mito di Amore e Psiche (qui potete leggerne la trama) – e quindi, alla domanda chi ha scritto La Bella e la Bestia potremmo anche rispondere ApuleioLo schema originale della storia è quello di una donna che non può conoscere il reale aspetto del suo amante, perché lui la incontra solo al buio e le ha fatto promettere che mai cercherà di scoprire la sua identità.
Chiaramente la trama ha subito moltissime variazioni nel corso dei secoli, ma una delle caratteristiche rimaste invariate è la curiosità della protagonista femminile: anche nelle varianti più recenti, ad esempio, Belle non resiste davanti ai divieti imposti dalla Bestia e li infrange.
La Bella e la Bestia, personaggi
Ciò che più ho apprezzato ne La Bella e la Bestia. Quindici metamorfosi di una fiabaè stata la postfazione a firma di Marina Warner, autrice che apprezzo particolarmente.
All’interno del suo saggio, Marina Warner passa in rassegna tutte le variazioni della fiaba e le mette in relazione con i mutamenti del ruolo della donna nella società dal Settecento ad oggi.Nonostante la Bestia sia un personaggio importantissimo per lo svolgimento della storia, la Bella ne è la protagonista indiscussa e lo è per un motivo antichissimo: La Bella e la Bestia è una fiaba nata per parlare alle donne.
L’intento della nostra Madame de Villeneuve era infatti quello di veicolare un messaggio che fosse da consolazione alle giovani, giovanissime donne che spesso venivano date in moglie a uomini molto più vecchi di loro e spesso del tutto sconosciuti.
Nel Settecento era pratica comune che un padre vendessela propria figlia, all’interno di un vero e proprio affare camuffato da matrimonio. Così giovanissime donne si trovavano sposate a uomini coi quali non avevano nulla a che fare.
La Bella e la Bestia voleva parlare a tutte le Belle che si ritrovavano sposate a delle Bestie: soprattutto da un punto di vista sessuale, il primo incontro di queste giovani fanciulle con il marito imposto doveva essere letteralmente mostruoso e spaventoso.
Madame de Villeneuve inserisce all’interno della sua fiaba una fortissima componente erotica e nella sua storia è la Bella a scegliere quando e se concedersi alla sua Bestia.
La più famosa variante ottocentesca della fiaba è invece di Madame de Beaumont, un’istitutrice, francese anche lei, vissuta fra il 1711 e il 1780 (lunga vita Madame de Beaumont!).
L’intento di Madame de Beaumont era profondamente diverso da quello di Madame de Villeneuve: Madame de Beaumont, infatti, esclude completamente la componente erotica della prima versione e infarcisce il suo La Bella e la Bestia di insegnamenti morali.
Questa nuova variante de La Bella e la Bestia ha altri scopi: insegnare alle giovani fanciulle che con la gentilezza, l’umiltà e le buone maniere è possibile domare l’animo maschile, selvaggio e bestiale per natura. E’ l’embrione dell’angelo del focolare, quello stereotipo della donna perfetta che avrebbe preso piede di lì a qualche decennio e che sarebbe – purtroppo – sopravvissuto per moltissimo tempo (o forse sopravvive ancora?)
Infine Marina Warner analizza le versioni novecentesche, la più famosa delle quali è proprio il cartone del ‘93, firmato Walt Disney.
Il messaggio intrinseco alle versioni più recenti sembra essere rivolto alle donne che devono andare aldilà delle apparenze e riuscire ad innamorarsi dell’interiorità e non dell’esteriorità. In un certo senso, potremmo anche vederci una critica anticapitalista che critica il sistema delle apparenze nel quale viviamo immersi, ma ci andrei piano perché la Disney, storicamente, non è certo conosciuta per le sue idee anticapitaliste!
Nelle versioni novecentesche, in effetti, sembra anche che l’attenzione si sposti leggermente dalla Bella, che era finora stata protagonista incontrastata, alla Bestia, che finora era stata solo la controparte selvaggia e indomabile della protagonista femminile, mentre adesso diventa protagonista a sua volta.
Chi ha scritto La Bella e la Bestia
Dunque,chi ha scritto La Bella e la Bestia? Azzarderei una mia ipotesi, basata sulla lettura di Marina Warner: chi ha scritto La Bella e la Bestia, per me, sono le donne.
Non solo donne come autrici – anche la sceneggiatrice del cartone Disney è una donna, Linda Woolverton – ma anche donne come motivo primario della nascita di questa fiaba.
Come abbiamo visto, anche se in molti modi diversi, La Bella e la Bestia ha parlato e continua a parlare di donne alle donne, del loro ruolo all’interno non solo del rapporto di coppia ma della società tutta, delle loro difficoltà e delle loro paure.
In conclusione, proprio parlando del ruolo della donna – non solo nella società ma anche nella letteratura – ci tengo a riportare un paio di riflessioni saltate fuori da La Bella e la Bestia. Quindici metamorfosi di una fiaba:
- La donna-cavaliere errante
Marina Warner rintraccia nello schema narrativo di Amore e Psiche una trama cavalleresca a ruoli ribaltati: generalmente il cavaliere errante è un uomo che vaga per il mondo, affronta delle prove e poi ritorna dalla sua amata. In Amore e Psiche è Psiche il cavaliere errante. E’ lei a dover superare molte e durissime prove per riuscire a ricongiungersi al suo Amore.
- Nonostante o proprio perché è una Bestia?
Un’altra riflessione importantissima e davvero molto interessante è quella sulla bestialità della Bestia (scusate il bisticcio) come fattore attraente determinante: la Bella ne è infine attratta nonostante sia una Bestia o proprio perché è una Bestia?
La sua bestialità è una caratteristica negativa che viene infine tollerata oppure è una caratteristica positiva che attrae la Bella, anche sessualmente, ma soprattutto la pone davanti ad una prospettiva di libertà in cui lei può liberarsi dalle costrizioni sociali e della carineria e può vivere selvaggiamente – e felicemente – accanto ad un selvaggio?