Leggere Cortile Nostalgia di Giuseppina Torregrossa (uscito per Rizzoli lo scorso maggio) è stato per me come fare un viaggio indietro nel tempo però a casa, in luoghi conosciuti ma in tempi in cui non esistevo ancora.
Nonostante le mie origini sicule e nella fattispecie palermitane non sono un’aficionada della letteratura siciliana- anzi, forse questo è il primo libro di un autore siciliano che leggo dopo Sciascia – e ritrovarmi per le strade di Palermo in luoghi che conosco benissimo mi ha suscitato una stranissima sensazione: è come se qualcuno avesse ambientato il proprio romanzo dentro casa mia e io, leggendolo, ritrovassi le mie cose, i miei mobili, i miei vestiti dentro l’armadio.
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Partiamo dall’essenziale, la trama.
Cortile Nostalgia è la storia della famiglia Mancuso e parte proprio dall’inizio: la primissima scena ci descrive un Mario bambino e la sua famiglia.
Quasi subito dopo Mario è un giovane palermitano che per le viuzze dell’Albergheria – quartiere popolare del centro storico palermitano – si innamora di Melina, bellissima e complicata sedicenne, figlia di quegli anni post bellici e di una famiglia che non l’ha resa felice.
Giuseppina Torregrossa ci presenta questi due corpi magri, spaesati, corpi che hanno vissuto l’abbandono – reale o figurato – e che si muovono, l’uno verso l’altro, in cerca di qualcosa, di un sollievo, di una rassicurazione. Ci racconta poi del loro matrimonio, di Mario che parte e via via – carabiniere – di Melina che resta sola a crescere una bimba – Maruzza.
Sul fondale di anni ed epoche storiche che scorrono le une sulle altre c’è la storia della famiglia Mancuso, sì, ma più in generale c’è la storia del quartiere e di Palermo – e dell’Italia tutta.
Giuseppina Torregrossa ci descrive i cambiamenti interni alla famiglia Mancuso, è vero, ma anche tutto il suo intorno: i cambiamenti sociali interni al quartiere, il boom economico, l’arrivo degli immigrati, la mafia. L’autrice non lascia neppure uno spiraglio di innarrato: la trama che Giuseppina Torregrossa tesse è fittissima e tocca quasi qualsiasi aspetto della vita di questi personaggi vivi e vividi, torniti come persone reali.
Cortile Nostalgia è fimmina?
Giuseppina Torregrossa ci parla di quasi tutto, è vero. Costruisce un universo in tutto e per tutto credibile e verosimile, ma, forse, sposta l’attenzione un po’ più sulla questione femminile – più che su altri importanti argomenti che emergono dalla narrazione.
Così, per esempio, ci parla del rapporto madre-figlia: Melina, potrebbe essere considerata una cattiva madre. Piena di restrizioni emotive com’é, è quasi di nessun aiuto alla figlia, Maruzza, soprattutto quando sarà ragazzina, poi adolescente, poi donna.
Ma Melina è figlia di un duplice ambiente ostile: ancora una volta Giuseppina Torregrossa riesce a destreggiarsi perfettamente andando dal particolare al generale e delineando questo personaggio che è una donna che ha sofferto in quanto figlia dei propri genitori ma anche in quanto figlia della società. Melina è nata in un ambiente – storico e sociale – in cui la donna era una cosa diversa da quella che, negli anni Settanta, vede Maruzza, ormai grande. E così il sesso, la percezione del proprio corpo e del proprio ruolo sociale cambiano radicalmente, rendendo le due donne, madre e figlia, quasi aliene l’una per l’altra.
Ma il rapporto fra le fimmine di Cortile Nostalgia va anche oltre.
C’è Binah, Mamma Africa, una donna africana, appunto, che mette radici a Cortile Nostalgia e ne diventa quasi la guida spirituale, una sciamana pronta a offrire roba da mangiare e consigli. C’è zia Ninetta, donna sfuggente e volubile. C’è suor Antonella, una suora caparbia dalla mente più che aperta, che aiuta le prostitute e rifugge il velo. Questa è la rete di protezione di Maruzza: anche se sua madre la lascerà cadere ci saranno tutte le altre donne di Cortile Nostalgia a salvarle la vita. In questo senso, il romanzo ci racconta la vita di quello che è quasi un branco – il senso buono. Un gruppo di persone che si prendono cura gli uni degli altri e che non hanno necessariamente legami di sangue.
Melina adorava quel microcosmo di esseri umani sempre in attesa ora di una permesso di soggiorno, ora di un prestito di denaro, ora di un familiare perduto in un viaggio avventuroso. la nostalgia che all crepuscolo trasudava dai loro cuori inquieti era un dolore dolce che ofio sera di stemperava in una minestra calda, in un canto sussurrato. Nella fragilità, lei si muoveva con delicatezza.
Le fimmine e le donne
A Maruzza non piace il femminismo, le compagne del Movimento proprio non le capisce.
Sullo scenario mobile di questa commedia umana, ad un certo punto, passa anche il movimento femminista, con tutta la sua rivoluzionaria dirompenza ma anche con tutti i suoi limiti. Così Maruzza non sarà una femminista perché che veniva a significare che per diventare donna si doveva comportare come un uomo?
Sembra quasi che Giuseppina Torregrossa voglia raccontarci di una rottura, uno scollamento, fra tutte le fimmine di casa che, volenti o nolenti, dovevano essere forti, dovevano farcela contro padri, mariti, povertà, ignoranza e le compagne del movimento che portavano avanti idee bellissime e rivoluzionarie ma che non erano lì, non vivevano fra le vie dei mercati popolari e non si avvicinavano nemmeno alla vite delle donne, di quelle che la rivoluzione neppure riuscivano a immaginarla.
Le compagne del movimento l’avevano stancata. Si era avvicinata a loro sperando di trovare un modello di femminilità, ma era rimasta delusa. Che veniva a significare che per diventare donna si doveva comportare come un uomo? Aveva bisogno di sanare una ferita, di saldare le due parti in cui si sentiva scissa. Dalle riunioni però i sentimenti erano banditi, le emozioni stigmatizzate come il peccato originale. La ragione prima di tutto, le ragioni prima di ognuna di loro.
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Cortile Nostalgiadi Giuseppina Torregrossa ed. Rizzoli 321 pagine 16€ – 9,99€ (ebook)
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