Abbiamo fatto un gioco, su Instagram.
Il giorno in cui ho messo online il video in cui vi parlavo di questo libro vi ho raccontato quale fosse il mio ricordo dei giorni al mare di quando ero bambina e ho chiesto a voi di fare altrettanto. Alcuni di voi mi hanno risposto e conto di mettere insieme le risposte in un video in cui parliamo, tutti insieme, di cos’è il ricordo dei bambini al mare.
Eric de Kuyper, in questo libro, fa essenzialmente questo: prende i suoi ricordi delle vacanze al mare da piccolo e ce li racconta.
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La trama
Al mare di Eric de Kuyper (edito Iperborea) è un romanzo, è vero, ma non ha una trama unitaria. Racconta di pezzi, di scorci, di ricordi di una vacanza al mare che il protagonista fa con la famiglia ad Ostenda, quando è bambino.
Per scrivere questo post ho fatto una brevissima ricerca su Eric de Kuyper e ho scoperto che oltre a scrivere quest’uomo è un regista e un semiologo. I suoi film preferiti? I film silenziosi. Non muti, non vecchi. Film contemporanei, magari anche a colori, ma che non emettono alcun suono.
Al mare è esattamente questo: è un film di immagini silenziose che si susseguono.
In realtà Al mare è solo il primo capitolo di una serie di romanzi che de Kuyper ha scritto a partire da fatti autobiografici ma in Italia gli altri capitoli non sono (ancora, si spera) stati pubblicati.
L’infanzia
In Al mare ritroviamo un’infanzia-ricordo, di quella che ci si porta dentro tutti, ognuno con le proprie differenze.
L’autore racconta di due gruppi, ben strutturati e con ruoli ben precisi: ci sono i bambini, leggeri, allegri, spensierati e poi ci sono le mamme che sono come un gruppo di dee che vigila su quell’estate dell’infanzia, organizza, dirige. Le mamme, diventano così custodi dell’infanzia: tutti loro, lì, sono bambini e lo sono perché la presenza superiore delle mamme gli permette di esserlo.
In questo senso tutta la vacanza è gestita da quest’immenso potere matriarcale: a capo di tutte la nonna, poi via via tutte le figlie – mamme, zie di qualcuno – che vivono quel periodo estivo lì, in quella casa al mare che è la stessa ogni anno, che ogni anno accoglie nuovamente.
Da bambino aveva già avuto il sospetto che diventando grande avrebbe dimenticato ciò che è indispensabile alla vita, alla felicità dell’esistenza quotidiana. Come si rivelava giusta ora quell’intuizione; come era ben fondato il suo panico di diventare adulto. Sì, aveva dimenticato, era stato infedele a se stesso, come aveva temuto.
(Al mare, Eric de Kuyper, Iperborea)
Il cinema più che le parole
La tecnica utilizzata da de Kuyper per metter su questo romanzo è indiscutibilmente cinematografica.
Il suo occhio clinico di regista si fa sentire ma il merito più grande che va all’autore è che la camera che inquadra e registra tutto è in ogni caso identificata con l’occhio di un bambino che vive le sue vacanze al mare.
Sentimento costante che sottende tutto il romanzo è la malinconia: è vero, i bambini al mare sono gioiosi, impegnati nei loro giochi, ma la pellicola sul quale è impresso questo film è un po’ rovinata e guardandola ci viene un po’ anche a noi da sospirare e pensare al tempo che è andato e a quelli che eravamo e non siamo più.
Anche la città era cambiata. Dopo tutta la rumorosa attività dei “forestieri”, i locali riprendevano possesso delle strade e delle piazze. Festeggiavano la partenza dei vacanzieri con una “braderie” (fiera). Nei negozi si addobbavano le vetrine, nelle strade comparivano bancarelle; festoni multicolori ravvivavano i pomeriggi e le sere sempre più buie. Sui palchi improvvisati si esibivano musicisti, i caffè erano ovunque stracolmi. Era festa. L’inverno poteva cominciare.
(Al mare, Eric de Kuyper, Iperborea)
DISCLAIM
- Questo post non è stato sponsorizzato da Iperborea, né dalle mamme al mare con bambini.
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