Quando ho pensato a cosa dire nel video in cui avrei parlato di questo libro ero sicura al 100% che il discorso che volevo portare avanti non sarebbe stato facile, né da fare, né da far capire.
Mi sa che fuori è primavera di Concita De Gregorio (edito Feltrinelli) è un libro che parla di una donna e della sua maternità interrotta e del suo disperato tentativo di essere ancora qualcuno aldilà del dolore.
Non sono stata brava, devo ammetterlo.
Se un’utente commenta sotto al mio video “Vorrei vederla dentro un reparto di oncologia infantile” evidentemente non sono stata brava a far capire di cosa parla esattamente questo libro.
Ci riprovo…
– TEMPO DI LETTURA 3 MINUTI –
Mi sa che fuori è primavera | La trama
Mi sa che fuori è primavera ha come protagonista Irina, sposata con Mathias e mamma di due bimbe, Livia e Alessia.
Un giorno Mathias scompare e con lui anche le bambine ma, mentre il corpo di Mathias, morto suicida, viene ritrovato, delle bambine non si sa più nulla.
Non si sa se siano vive o morte, se siano in Italia, in Svizzera o in qualsiasi altro posto nel mondo. Da lì inizia la ricerca di Irina che scrive, si arrabbia, chiede aiuto a tutti, alla polizia, ai parenti. Nonostante tutte le ricerche, delle bambine, nessuna traccia.
Il libro racconta in flash back questi tristi avvenimenti della vita di Irina perché il presente del libro è una nuova fase nella vita della donna: si è rassegnata, non crede che ne saprà più nulla delle sue figlie e si chiede se non è forse arrivato il momento di cercare dov’è finita Irina, sotto tutto quel dolore e provare a farla rivivere.
Il punto nodale del libro, del messaggio che invia ma anche il pensiero più difficile da spiegare senza che esso venga frainteso è proprio questo: Irina non vuole disfarsi del dolore, non vuole tornare a vivere felice e spensierata perché sa perfettamente che questo, senza le sue figlie, non sarà mai più possibile. Ciò che si chiede Irina è tutt’altra cosa che non investe minimamente la sua maternità e il suo dolore, quanto la sua identità di individuo: può una donna riuscire a separare il suo essere madre dal suo essere individuo con propri bisogni e necessità (bisogni e necessità che a volte sono anche inconciliabili con la presenza di un figlio)?
Il dolore non uccide, dice Irina
E’ una frase ripetuta un po’ di volte all’interno del romanzo e aiuta a capire esattamente qual è lo stato d’animo di Irina. Lei dice, il dolore non uccide e lascia intuire che il pensiero completo è se uccidesse, per me andrebbe anche meglio, perché adesso sarei morta.
E invece non muore, il dolore non uccide davvero e lei si ritrova il quell’asfissiante limbo in cui si è ancora vivi ma non si vorrebbe più vivere perché il dolore ci ha sopraffatti, ci ha mangiati vivi eppure respiriamo ancora e cosa dovremmo farcene, adesso, di tutta questa vita che ci è rimasta dentro?
Il punto non è che Irina voglia dimenticare le sue figlie. Irina vuole impacchettare tutto ciò che ha vissuto e portarselo sulle spalle, per sempre. Ma per quanto riguarda tutto il resto, tutte quelle altre cose della sua vita che non sono le sue figlie, Irina vuole andare avanti. E si chiede se sia legittimo.
Un’immagine emblematica e davvero esplicativa di questo bellissimo e controverso messaggio che Concita De Gregorio vuole mandarci attravero il suo Mi sa che fuori è primavera, è quella dell’elefante rosa.
Irina non si sente più a suo agio alle riunioni di famiglia. Perché quando si è tutti insieme, lì, proprio al centro, c’è questo gigantesco elefante rosa a cui tutti girano intorno, nessuno lo indica, nessuno ne parla, eppure e lì e appartiene a lei. Irina non vuole essere identificata col suo elefante rosa, Irina è Irina, non la madre addolorata.
C’è bisogno di essere felici, nonna, per tenere testa a questo dolore inconcepibile. C’è bisogno di paura per avere coraggio. E’ l’assenza la vera misura della presenza. Il calibro del suo valore e del suo potere.
Le donne oltre le mamme
Credo che questo libro porti in sé un messaggio rivoluzionario e femminista.
La maternità, soprattutto in Italia e in Paesi di tipo cattolico, è vista come qualcosa di sacro.
E la madre è come una santa che non può mai mostrarsi imperfetta o vacillare perché altrimenti viene additata come cattiva madre. Le madri sono viste come delle ascete che sopportano i loro marmocchi urlanti col sorriso sempre stampato sul volto e mai, neppure per un momento, pensano di soffocare quelle grida assordanti sotto un cuscino.
Le madri vere, non quelle idealizzate, invece queste cose le pensano. E parlarne, confrontarsi e mettere in circolazione l’idea che le madri sono pur sempre persone, individui che sbagliano, individui imperfetti, individui che talvolta non tollerano la presenza dei propri figli e che pensano ah se potessi tornare indietro… sarebbe un modo per far sentire le madri meno sole.
Chiudo con una riflessione: ai padri tutto questo non è richiesto. Mentre la mamma deve sempre essere la Santa Protettrice dei figli, al padre è permesso anche di essere un po’ stronzo, menefreghista, violento (con le mani o con le parole) e tutto sommato va bene. Ancora una volta il ruolo sociale affibbiato alla donna è arduo, esigente, necessariamente privo di imperfezioni, mentre all’uomo si dà un ruolo più leggero, quello che prevede sempre una qualche via di fuga.
Tu non hai mi hai detto mai ma come puoi?, non l’hai mai pensato. Non c’è nessuna traccia di ipocrisia, di finzione, di messa in scena nel tuo modo di stare con me nella mia storia. E’ quella che è. E’ questa tutta intera. E’ come se non ci fosse, per te, un prima e un dopo. E’ come se io fossi rimasta sempre io, nei tuoi occhi: io che rido e piango, io e non un’altra. E d’altra parte tu, allo stesso modo, sei rimasta Paola. Identica.
Se dovessi spiegare cos’è un amico, questo direi. Un amico è quella persona per cui anche se è cambiato tutto non è cambiato nulla.
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Mi sa che fuori è primaveradi Concita De Gregorio ed. Feltrinelli 122 pagine 13€ – 5,99€ (ebook)
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