Dark star di Oliver Langmead | L’oscurità

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Quando l’ufficio stampa mi ha proposto la lettura di Dark Star di Oliver Langmead edito Carbonio editore, un qualcosa di simile a un sesto senso mi ha convinta ad accettare.

Il libro non è quello che definirei nelle mie solite corde: è un noir distopico, un’indagine tormentata in cui il nostro super tormentato protagonista, Virgil Yorke, brancola letteralmente nel buio (questa la capirete qualche riga più sotto).

La solita me si sarebbe angosciata e avrebbe rifiutato. Ma c’è un particolare che distingue questo libro da qualsiasi altro noir distopico e vagamente angosciante: è scritto in versi. E questo mi ha affascinato moltissimo.

Immaginare un materia così truce trattata con il ritmo classico della poesia inglese (ah, sì, perché è in pentametri giambici) non ha potuto non incuriosirmi, così l’ho letto e adesso vi dico cosa ne penso.

 

– TEMPO DI LETTURA 3 MINUTI –

 

Dark Star di Oliver Langmead – la trama

Non so come sia leggerlo in inglese ma nella traduzione italiana (a cura di Nicola Manuppelli) il ritmo poetico un po’ si perde. Resta comunque l’idea di base che trovo interessante e soprattutto coraggiosa, soprattutto perché Oliver Langmead è un giovane autore scozzese, qui alla sua prima prova.

Dark star è ambientato a Vox, una città che vive nell’oscurità, sotto un sole che scalda ma non illumina. Virgil Yorke, il protagonista, è un poliziotto ed è affiancato nelle sue indagini dal collega Dante. Come anticipavo il nostro protagonista è un personaggio tormentato: i fantasmi di una passata indagine aleggiano ancora intorno a lui, una lunga cicatrice ne segna il collo e una tossicodipendenza ne fiacca lo spirito. La droga in voga è Prometheus, luce liquida: distribuita in luminescenti fiale viene iniettata direttamente in vena.

Il  libro si apre col ritrovamento del corpo di una giovane studentessa con le vene piene di luce liquida. Il caso è inizialmente affidato a Dante e Virgil ma poco dopo i due vengono catapultati su un caso molto più importante e apparentemente non legato al primo: la linfa vitale di Vox sono tre “cuori”, Aquila, Corvus e Cancer che producono la poca e mal distribuita luce della città. Uno dei cuori viene rubato e i nostri investigatori scoprono che racchiude in sé un’energia che potrebbe distruggere l’intera città.



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In un articolo sul The Guardian a firma di Sam Jordison si lamenta la poca verosimiglianza di tutta la struttura narrativa: Jordison si chiede, ad esempio, se non c’è la luce, come facciano ad esistere le piante. Secondo la sua teoria, Langmead avrebbe dovuto scendere molto più a fondo nella creazione narrativa, costruendo da zero un intero universo alternativo.

Non mi trovo d’accordo con la tesi di Jordison perché, a mio avviso, se non siamo più nel campo del realismo possiamo fare un po’ come caspita ci pare: magari le piante di Vox hanno trovato un modo alternativo per produrre clorifilla e Jordison che ne sa?

In generale, però, è vero, la struttura narrativa non è complessa e lo sviluppo della storia è vagamente prevedibile.

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– Oliver Langmead

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L’oscurità del mondo intorno

L’oscurità del mondo intorno e fantasmi che si muovono a stento nel buio denso.
E di contro: il bisogno di luce, luce liquida, come una droga che scorre in vena, un veleno amabilissimo che regala attimi di serenità e ore di crisi di astinenza.
E ancora: la luce mal distribuita, i ricchi che vivono in magioni super luminose e i fantasmi che si trascinano nel buio.

La metafora portata avanti da Oliver Langmead per tutto il romanzo non è sottilissima, c’è da dirlo.

Ma contravvenendo alla mia solita severità, soprattutto nei confronti degli autori più giovani, posso dirvi che questa metafora, seppur non particolarmente cesellata, è buona già così.

In fin dei conti, in un libro, la metafora serve a rimandarci ad altri pensieri, ad altre riflessioni, e penso che la metafora dell’oscurità usata da Langmead ci riesca perfettamente: non viviamo forse immersi nell’oscurità? Non brancoliamo, ciechi, in un mondo che non conosciamo? Quei fantasmi, quasi zombie, che ci passano accanto, privi di volontà e di coscienza, non sono forse le stesse persone che incontriamo ogni giorno per strada, sui mezzi, alla fermata del tram?



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