La notte della rabbia, Roberto Riccardi | Chi se li ricorda gli Anni di Piombo?

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Quando Giulia Ciarapica mi ha contattata per chiedermi se volessi partecipare a una lettura collettiva de La notte della rabbia di Roberto Riccardi per prima cosa sono andata a leggere la trama. E quando ho letto che in questo noir comparivano, insieme, il terrorismo di sinistra degli anni ’70 e l’olocausto ho pensato: ma non sarà un po’ troppa carne al fuoco? No, non lo è affatto. Roberto Riccardi riesce a creare un puzzle perfetto che si compone davanti agli occhi di chi legge, pagina dopo pagina, e che da elementi apparentemente non collegati dà luogo ad una storia che è la Storia, la Storia di tutti noi.

 

– TEMPO DI LETTURA 3 MINUTI –

 

La notte del rabbia è un noir ambientato a Roma, nel 1974. Si apre con un sequestro, il sequestro di Claudio Marcelli, uomo di legge, studioso, papabile nuovo ministro dell’Interno e fautore di una riforma legislativa che non va a genio alle Sap, le Squadre di Azione Proletaria. A indagare sul sequestro, Leone Ascoli, colonnello dei Carabinieri, che a sedici anni ha vissuto l’orrore dei lager nazisti.

Roberto Riccardi, come dicevo, riesce a mettere tutto questo in un equilibrio perfetto. Roma, i cittadini che brulicano ignari attorno ai terroristi che si aggirano in incognito per le strade. Dentro uno di quei palazzi c’è un uomo sotto sequestro. Poi ci sono le autorità, i Carabinieri che cercano, indagano ma vivono anche loro vite di uomini, litigano coi figli adolescenti, ricordano passati che non si possono raccontare. Ci sono poi le idee, quelle buone, quelle cattive. C’è la Sinistra. Ci sono i compagni. Ci sono quelli con una calzamaglia sulla faccia che tengono chiuso un uomo dentro una stanza insonorizzata. E ci sono quelli che meditano vendetta da trent’anni.

 

Il sequestro Marcelli, il sequestro Moro

Il sequestro Marcelli segue e romanza le tappe del sequestro Moro. Mi è capitato diverse volte di leggere articoli o saggi che parlavano di quel periodo storico e ho sempre trovato estremamente affascinante – un fascino “da studioso” che dimentica per un attimo il dramma delle persone coinvolte – quanto il sequesto e l’uccisione di Aldo Moro abbiano messo la politica italiana davanti la disarmante realtà della propria ipocrisia. Quando penso a quel periodo storico ripenso sempre al meraviglioso monologo di Toni Servillo ne Il Divo – di cui vi ho parlato anche mentre vi raccontavo del Giulio Cesare di Shakespeare, ma questa è un’altra storia… – in cui quel suo stupendo Andreotti parla del male che si deve fare per perseguire il bene. E’ una cosa che fa davvero senso pensare ma ogni volta che ascolto quel monologo perdo per un attimo di vista il focus e mi chiedo cosa sia veramente bene e cosa veramente male quando sei a capo di un Paese.

La notte della rabbia ci porta a riflettere sui medesimi argomenti. Innanzi tutto, trattare con la Sap – con le BR – significa legittimarle, significa dargli un peso e significa creare un precedente. Il governo non sa che fare. Soprattutto perché non trattare significa abbandonare un uomo al proprio destino. E qui un altro argomento che apre a grandissime riflessioni: quello sotto sequestro è un uomo. E’ un uomo con una sua storia, una sua famiglia, un uomo che ha paura, non importa che sia un uomo di legge o che rappresenti il Governo; lì, in quella stanza senza finestre è soltanto un uomo solo che non sa cosa ne sarà di lui.

 

 

“- E’ la prima volta che avanzano pretese del genere. Uno scambio di prigionieri in piena regola, come se fossimo due potenze rivali, e soprattutto la rinuncia a un’iniziativa legislativa. Sono atti che hanno un significato preciso. Il vero obiettivo, se vuole il mio parere, è ottenere un riconoscimento politico.

La notte della rabbia, Roberto Riccardi, Einaudi

 


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Il grandissimo merito de La notte della rabbia, a mio avviso, è quello di ricordarci la nostra Storia. Citando Montanelli non posso che ripetere che l’Italia è un Paese senza memoria. Non ci ricordiamo del fascismo, non ci ricordiamo del terrorismo, non ci ricordiamo quasi più neanche del berlusconismo. E tutte queste lacune, nella nostra memoria, non portano ad altro che a ripetere i medesimi errori, a non dar peso a piccoli e gravissimi indizi che ci scorrono davanti agli occhi ogni giorno e che noi non riconosciamo quasi mai.

Parlare dell’orrore dei lager, oggi, assume se possibile una valenza ancora più drammatica. Continuiamo a sterminarli tutti i nostri indesiderati. Magari non più dentro una camera a gas, ma un modo lo troviamo, lo troviamo sempre.

E parlare degli Anni di Piombo significa fondamentalmente parlare delle Istituzioni, di quelle che certo populismo starnazzante ci invita a chiamare ladri! sempre e comunque ma che sono molto di più e che meriterebbero analisi più profonde e argomentate.

 

La notte della rabbia Roberto Riccardi
-Roberto Riccardi

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