Il periodo del ritorno a scuola è sempre stato uno dei miei preferiti dell’anno, anche dopo aver finito il liceo.
Ma oggi non vi parlerò di sensazioni, di scene da film di me che rincorro leggiadra un autobus che va via, di odori di cartelle e pastelli nuovi. Oggi si parla di ciccia: i libri (di narrativa) che ho letto a scuola.
– TEMPO DI LETTURA 3 MINUTI –
Alle scuole elementari non ho mai letto un libro in classe, ma ricordo chiaramente tre libri letti in quel periodo: Cara Susi, Caro Paul di Christine Nostlinger edito Il Battello a vapore, Cara Viola – Lettere dall’Asia di Ludovica Villa edito Editrice Piccoli e infine Il mistero di Agnes Cecilia di Maria Gripe edito anche questo Il Battello a vapore. Come vedete, nella mia vita leggere non è mai stata un’opzione bensì una necessità.
L’ora di narrativa, alle scuole medie, era una delle mie preferite. Tanto più che la mia prof. di Lettere era davvero in gamba e ci ha sempre proposto letture non solo interessanti ma anche sfidanti (orribile termine di moda nonché, temo, calco dell’inglese challenging, che però rende l’idea).
L’ora di narrativa era di pomeriggio
E a quelle ore di crepuscolo io collego i ricordi di quelle letture.
Al primo anno era tutto nuovo, chiaramente. E anche l’esperienza della lettura di gruppo, in classe, lo era.
Al primo anno la prof. scelse per noi la lettura di un libro carino, che ricordo molto bene nel suo contenuto ma del quale ho del tutto rimosso il titolo: era la storia di un ragazzo (contemporaneo) che si ritrovava catapultato indietro nel tempo nell’Antica Roma. Non potendovi dire il titolo, non credo che questo paragrafo risulterà poi molto interessante, quindi lo chiudo qui.
Al secondo anno, spettacolo: il nostro Oliverone Twist entra in scena e ci prende, tutti e 20 alunni della classe 2G e ci coinvolge nelle sue avventure rocambolesche nella Londra matrigna dell’epoca vittoriana. Negli anni a venire avrei poi conosciuto il lato oscuro di Dickens, il suo lato markettaro di smerciatore di storie da dare in pasto al popolo, ma allora lo amavo e basta. Anche adesso lo amo, in effetti, nonostante il lato oscuro.
Al terzo anno arriva la scelta sfidante di cui vi dicevo prima: Se questo è un uomo, Primo Levi. Una lettura cruda, in generale (tanto più per dei ragazzini di 13 anni) che ci ha presi a schiaffi in faccia ogni volta che lo abbiamo letto, tutti insieme, dentro quella classe, nei pomeriggi invernali. La prof lì è stata davvero brava a non lasciarci mai da soli: tutta l’atrocità descritta in Se questo è un uomo ci è sempre stata spiegata, è sempre stata analizzata, sviscerata.
Altri libri letti alla scuola media:
- Storia di una capinera, angosciante ma bello
- I Malavoglia, che lì per lì non apprezzai affatto; mi ero un po’ troppo concentrata sulla parabola discendente di una famiglia lentamente sterminata dai voleri del Fato, dimenticando tutto il resto. Anni dopo, l’ho rivalutato del tutto
- La ragazza di Bube, di cui ricordo davvero pochissimo
Al liceo la narrativa è diventata una cosa da duri
Non si trattava più di educare alla lettura, quanto di insegnare la letteratura.
Così il passaggio alle scuole superiori ha portato letture più istituzionali.
Eneide al primo anno (che ricordo poco se non per le frasi che il mio prof di lettere ripeteva compulsivamente per spiegare i concetti, come: Timeo Danaos et dona ferentes); I Promessi sposi, al secondo anno, che mi ha lasciato un ricordo meraviglioso della lettura, dell’analisi, della splendida Gertrude (“…e la sventurata rispose”, frase emblematica del narratore onnisciente!); La Divina Commedia, infine, per gli ultimi tre anni che, come da cliché, ho amato nell’Inferno e mi ha lasciato grosso modo impassibile in Purgatorio e Paradiso.
Ma ci sono stati anche altri libri, in qualche modo legati alla scuola (consigliati dal prof di lettere) che mi sono entrati nel cuore: due fra tutti L’Assomoir e Nanà del mio amato Emile Zola.
Alcune note di colore:
- il mio meraviglioso libro de I Promessi Sposi, pieno di appunti e sottolineature, è stato distrutto dalle belve assassine che vivono in casa con mia madre (leggi: le gatte)
- al liceo ero un po’ fricchettona; o meglio: diciamo che ero uno strano misto di fricchettonaggine e punkabbestismo. Capite bene che comprare libri nuovi non era nel personaggio, per cui le mie copie de La Divina Commedia erano quelle che avevano letto mia madre e mio padre quando erano al liceo (parliamo della fine degli anni Settanta)
- sempre al periodo del liceo appartengono due libri che, invece, ho odiato: Il fu Mattia Pascal di Pirandello, abbandonato a pagina 74 e Tonio Kroger di Mann, che rimase impresso nelle menti mia e della mia compagna di banco Alessia con la frase-tormentone sono un borghese o sono un artista?
Altri libri letti al liceo sono stati:
- Conversazioni in Sicilia, letto di malavoglia, lo ricordo vagamente claustrofobico
- Il giardino dei Finzi-Contini, bello, bello, bello
- Cristo si è formato ad Eboli, che ho amato tantissimo
Tanto ho amato le ore di narrativa che poi ho deciso di studiare letteratura!
Dei libri letti all’università ho perso il conto, ma qualche titolo è rimasto impresso più di altri.
Alcuni dei miei più grandi amori in fatto di libri sono nati proprio all’università.
Galeotti furono gli esami di Letteratura inglese III e del Seminario di letteratura francese che mi fecero scoprire, rispettivamente, Mrs Dalloway (Virginia Woolf) e Le ravissement de Lol V. Stein (Marguerite Duras).
Meritano una menzione anche I viaggi di Gulliver di Swift (del quale ricordo sempre con tanto piacere anche A modest proposal) e ovviamente il meraviglioso Don Chisciotte anche se, in materia di letteratura spagnola, un affetto particolare lo nutro per Tristana di Benito Perez Galdòs.
Adesso che provo a ripercorrere con la mente gli anni universitari mi vengono in mente decine di titoli (Lazarillo de Tormes, La vida es sueno di Calderòn, Othello del nostro amato Will, le poesie di Gustavo Adolfo Bequer, Northanger Abbey di Jane Austen, Maggie a girl from the street di Crane e potrei continuare).
Ma la sensazione più bella, al di là del ricordare tutto quel che ho letto, è ricordare i momenti della mia vita attraverso le sensazioni che i libri letti in quei momenti mi hanno dato: i pomeriggi, alle scuole medie, quando la prof ci dava il permesso di far merenda (l’intervallo di pomeriggio non era previsto) e noi lo facevamo apposta, a pranzo, di non mangiare il panino della mensa, per conservarlo e mangiarlo tutti insieme in classe, sento ancora l’odore di quel pane; io e Clarissa Dalloway, nel giardino della mia casa di Palermo, era estate e faceva molto caldo, e intorno a me saltellava una Lucky piccolissima, appena nata; io e Tristanita, era primavera, trascorrevo i pomeriggi dentro una casa familiare come fosse la mia; io e Calderòn e quel suo assurdo La vita è sogno che sognavamo insieme di liberarci dal presente e di correre veloci verso quel traguardo sofferto e sfuggente che è stato la mia laurea.
I libri ci danno infinite altre vite, dentro la testa, è vero, ma continuano a parlare con noi, anche, anni dopo averli letti.
DISCLAIM
- Le immagini presenti in questo post sono scaricate da Google immagini, le gif animate da giphy.com
- L’immagine di copertina è di Green Chameleon per Unsplash
- Questo post non è stato sponsorizzato da Calderòn de la Barca