Questa estate ho letto Isola di Siri Jacobsen edito Iperborea.
La nota di demerito a questo libro (come a tutti gli Iperborea) è sul prezzo e sul formato: prezzo come al solito esoso (17€), formato come al solito scomodissimo (va bene l’eccentricità, va bene avere una forma che hai solo tu, ma si devono anche poter leggere ‘sti benedetti libri…).
[Se ti interessa sbirciare tutti gli Iperborea che ho letto fino ad ora puoi cliccare su questo link.]
Chiuse le lamentele, posso profondermi in tutte le lodi possibili a questo splendido libro che parla di viaggi, di migrazione, di appartenenza, di identità.
La migrazione si compie in tre generazioni. La prima avverte il bisogno e porta in sé la volontà, l’ostinazione. La generazione successiva forse sta a gambe divaricate sulla distanza, finché qualcosa non s’incrina e allora si sente doppiamente sbagliata e la terza generazione è una coperta troppo corta: è totalmente disinvolta e libera da condizionamenti culturali oppure è a casa solo per metà.
Con queste parole, Siri Jacobsen ci spiega la migrazione.
– TEMPO DI LETTURA 3 MINUTI –
Isola di Siri Jacobsen | Trama
Isola di Siri Jacobsen si apre con un capitolo su Marita. La storia è narrata in terza persona, la scena si compone lentamente davanti i nostri occhi. Marita sta partendo.
Il capitolo successivo è l’inizio reale degli avvenimenti presenti, la nostra protagonista, raccontando in prima persona, ci dice che sta per prendere un aereo. Presto si delinea la storia: la protagonista, insieme alla sua famiglia, sta iniziando un viaggio dalla Danimarca, luogo in cui abita, verso le isole Faroe, luogo di cui è originaria la sua famiglia.
Lungo tutto il libro si alternano capitoli in cui la protagonista ci parla dello svolgersi del suo viaggio e capitoli flash-back in cui viene raccontata la storia di Marita.
In che modo l’una e l’altra storia siano collegate, lascio che lo scopriate voi leggendo il libro.
La nostra protagonista vive le isole Faroe come una straniera, eppure sente di appartenergli. La sua estraneità è testimoniata dalla sua incapacità di parlare e di comprendere la lingua del posto, ma anche dal fatto che lei è faroese solo per metà (da parte di mamma, il padre è danese).
Così la nostra protagonista è a metà strada fra chi è faroese a tutti gli effetti e chi non lo è mai stato, fa parte di quella terza generazione di migranti, di cui si parlava prima, che non ha obblighi o legami reali verso la terra d’origine e per questo resta sempre a metà, a casa in nessun posto.
Isola di Siri Jacobsen ci apre gli occhi sul dolore della migrazione, anche quando è volontaria, anche quando non è segnata dalla violenza. Migrare è lasciare dietro di sé dei pezzi della propria identità, e riuscire poi a rimettere tutto insieme è davvero difficile.

Tornare a casa
Tornare indietro, a casa, ma in una casa che non è mai stata tua.
E’ questo lo strano paradosso di Isola: la nostra protagonista ripercorre il viaggio della migrazione al contrario e lo fa tre generazioni dopo il viaggio di andata. La sua casa è la Danimarca, dove è nata e cresciuta, eppure sente un’atavica nostalgia di casa, una casa in cui però non ha mai abitato, che non ha mai conosciuto veramente se non attraverso i racconti di famiglia, i ricordi di altri.
Non sai neppure come si pronunci il tuo nome, le dicono, perché lei non parla il faroese e quella, per lei, è una lingua straniera. Eppure, in uno stranissimo modo, è la sua lingua madre.
Tutta la verità sui migranti
Anch’io mi sento di rientrare nella categoria, perché in un modo assolutamente privilegiato e quasi del tutto indolore anch’io ho lasciato il mio posto, la mia cultura, tutte le cose a me familiari e sono andata via.
Migrare non è facile. Chi oggi grida la pacchia è finita a chi decide di intraprendere un viaggio lungo e pericoloso pur di lasciare la propria terra non ha idea, nessuno di noi ce l’ha.
E se lasciare la propria terra è così difficile anche quando è facile, quando hai soldi, un lavoro, una nave o un aereo che ti portano dall’altra parte, non oso immaginare cosa sia farlo attraversando mezzo continente africano e alla fine imbarcarsi su un gommone pericolante.
La migrazione di cui ci parla Siri Jacobsen non è certamente la migrazione che vediamo ogni giorno sui giornali, ma nella sua intensissima delicatezza, l’autrice riesce a tirar fuori dei tratti comuni che parlano di tutti quelli che hanno lasciato il loro posto per andare in un altro.
DISCLAIM
- Questo post non è stato sponsorizzato da Iperborea, né dalla comunità di pescatori del Mare del Nord residenti presso le isole Faroe.
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