Perché Hannibal Lecter ci piace così tanto? | Il silenzio degli innocenti

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Avevo in casa una copia de Il silenzio degli innocenti ormai da tempo, comprata al Libraccio per mezz’euro e ho decido di inserirlo fra le mie letture di Halloween.

La storia raccontata ne Il silenzio degli innocenti non mi era del tutto ignota, dal momento che, in vita mia, avrò visto il film una ventina di volte.

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Ma leggere il libro è sempre meglio, e questo libro non fa eccezione: ho molto apprezzato la lettura nonostante si tratti di un thriller (e quindi, sapendo come finisce, magari muore un po’…) soprattutto per via di una certa critica morale (forse così potremmo definirla) che viene fuori nel corso della lettura.

 – TEMPO DI LETTURA 3 MINUTI – 

La trama de Il silenzio degli innocenti è nota: Clarice Sterling, novellina dell’FBI, è coinvolta da un suo superiore nell’indagine su degli omicidi seriali. Per questo, viene mandata all’interno dell’ospedale psichiatrico in cui è rinchiuso un altro serial killer, Hannibal Lecter.

Hannibal Lecter era uno psichiatra, oltre che uomo estremamente colto e raffinato. Clarice viene mandata dal suo superiore a parlare con Lecter, per cercare di capire di più sul serial killer che stanno cercando.

La cosa straordinaria è che, mentre Lecter con tutti gli altri assume un atteggiamento di superiorità e chiusura, con Clarice parla e la prende sotto la sua ala protettrice: non solo la aiuterà nelle indagini ma la aiuterà anche a trovare il proprio posto all’interno dell’FBI.

 

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A sinistra: l’autore, Thomas Harris

Hannibal Lecter è un serial killer e un cannibale. Ha ucciso molte persone e, per di più, le ha mangiate. Ciò che appare straordinario ne Il silenzio degli innocenti è il completo ribaltamento dei valori morali che ci guidano nella nostra vita di tutti i giorni: se Hannibal Lecter è un cattivo, è un cattivo che fa il buono e se da un lato ha ucciso delle persone, dall’altro è l’unico personaggio a mostrare rispetto per Clarice in quanto donna, in quanto agente e in quanto essere umano.

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Clarice e Hannibal Lecter sono la protagonista del libro e il suo aiutante: mentre le istituzioni, che rappresentano l’ordine e il giusto, si mostrano repressive e misogine, Hannibal Lecter, che dovrebbe rappresentare il male, la perversione e l’ingiustizia è un vero gentiluomo e aiuta Clarice non solo col caso, ma anche a scoprire e affermare il proprio valore.

Clarice è una novellina, è vero, ma è una novellina sui generis: ha studiato medicina e ha studiato psicologia, ed è per questo che viene scelta dal suo superiore per seguire il caso. In più, a quanto pare, Hannibal Lecter parla con lei in un modo in cui non ha mai fatto con nessun altro agente.

Il saggio critico che ho letto per scrivere questo post è di Aaron Taylor e interpreta questo ribaltamento dei valori morali insito ne Il silenzio degli innocenti attraverso la filosofia di Nietzsche.

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Perché Hannibal ci piace così tanto? Avanti, confessatelo: anche voi, quando avete letto il libro (o guardato il film) vi siete sciolti nel fascino del cannibale per eccellenza (nel film coadiuvato, poi, dalla straordinaria interpretazione di Hopkins).

Hannibal ci piace perché, paradossalmente, appare il più giusto di tutti. Lui uccide, è vero, ma i suoi crimini sembrano più punizioni morali contro individui che meritavano quella fine. Ok, d’accordo, fa paura anche a me esprimermi in questi termini, non dico di essere d’accordo con questo pensiero, dico che, leggendo il libro, è questo il primo motivo per cui Hannibal può piacere così tanto.



All’interno del libro si presenta un dualismo bianco/nero, buono/cattivo, giustizia/crimine, ma l’eccentricità della storia che ci viene raccontata è proprio questa: c’è uno scivolamento della valutazione morale per cui non sempre bianco, buono e giusto coincidono.

Una rivalutazione morale, così come la chiamerebbe Nietzsche è ciò che interviene mentre leggiamo il libro. Nietzsche criticò moltissimo la morale giudeo-cristiana che, a suo avviso, porta sostanzialmente all’identificazione buono = debole e che mira a reprimere qualsiasi slancio di orgoglio personale nei suoi adepti.

L’FBI, così come l’ospedale psichiatrico, sono per Clarice un po’ come la morale cristiana per un cristiano: la reprimono, la discriminano in quanto donna e, nonostante sfruttino a proprio favore le capacità della giovane agente, d’altro canto la sminuiscono, non riconoscendole i suoi meriti.

Il sessismo pare essere un tema particolarmente caro a Harris, perché durante la narrazione non manca un’occasione di mostrarci di quanta misoginia siano capaci le istituzioni di cui racconta.

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D’altro canto, c’è Lecter. Lecter il pazzo, il fuori controllo, il dionisiaco. Che è però l’unico che non scade mai in valutazioni misogine e che mostra invece grande rispetto per Clarice in quanto donna e in quanto agente. Così la prende quasi per mano e la guida, nel riconoscimento e nell’affermazione dei propri meriti.

In discorso sulla rivalutazione morale portato avanti, all’interno del suo saggio, da Taylor, mi ha convinta moltissimo, nonostante la filosofia di Nietzsche sia molto controversa e spinosa (e io, quando leggo Nietzsche mi esalto e poi mi spavento moltissimo per essermi esaltata per quelle idee…).

In conclusione, la domanda che resta, una volta finito il libro è: ma chi sono, veramente, i cattivi?



DISCLAIM

  • Per scrivere questo post ho consultato: Taylor A., A Cannibal’s Sermon: Hannibal Lecter, Sympathetic Villainy and Moral Revaluation (2014), Academia.edu
  • Questo post non è stato sponsorizzato dal Sindacato dei Cannibali.




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