Omicidio a Whitehall | Un serial killer nella Londra vittoriana

omicidio a whitehall
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Di solito non do spazio ai libri che non trovo significativi. Lo scopo di questo blog è principalmente quello di parlare di letteratura (che, ci tengo sempre a precisare bene, è cosa ben diversa dal parlare di libri tout court) e i libri mal scritti e mal pensati, con buona certezza, non faranno la storia della letteratura (qui poi si parte per la tangente su come e perché i libri passino alla storia, ma non è questa la sede).

Ciò che tuttavia mi spinge a parlarvi di questo libro è la consapevolezza che:

  1. vi ha molto incuriosito – su Instagram, mentre lo leggevo, mi sono state poste diverse domande
  2. è scritto maledettamente bene – ma non bene come è scritto bene, boh, Mentre morivo di Faulkner, sia chiaro; bene di quel bene che acchiappa, giusto per capirci…

 

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Contestualizziamo: prendete un prete con una mano deforme, uno schizofrenico e un medico legale e metteteli nella Londra vittoriana. Fatto? (cit.). No, non è l’inizio di una barzelletta di cattivo gusto ma lo scenario di Omicidio a Whitehall. Volete ancora sapere di che libro si tratti?

– TEMPO DI LETTURA 3 MINUTI –

Omicidio a Whitehall: la fiera delle banalità (ma di quelle che funzionano bene)

Questa similitudine me la porto dietro da anni e la uso quando provo ad abbozzare una distinzione fra libro e letteratura: ci sono libri che sono come un Happy meal, hanno un gusto meraviglioso, ne mangeresti altri 30, ma di fatto non ti nutrono, anzi, in certa misura ti otturano anche le coronarie.

Omicidio a Whitehall è uno di questi: la sostanza è davvero molto carente, ma la forma è studiata a tavolino per renderti dipendente dallo svolgimento della trama e per farti sentire un lettore molto soddisfatto.

Tutta l’impalcatura narrativa è un porno: poche cose collaudate che siamo certi titilleranno i sensi del nostro lettore libidinoso. C’è la fumosa e grigia Londra vittoriana con tutto il suo immaginario tetro, lugubre e angosciante. C’è Jack Lo Squartatore, sullo sfondo – ma di quello hanno già parlato in tanti, quindi qui si parlerà di un altro serial killer, contemporaneo e che compie quasi lo stesso tipo di crimini.

 

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C’è il razionale e il sovrannaturale, c’è la trama (che prova ad essere) intricata e tutta una serie di storie secondarie che gonfiano il volume sino alle sue 330 pagine ma che, c’è da dirlo, confluiscono poi tutte magistralmente e in modo abbastanza coerente nella conclusione del libro.

 

 

Ho scritto in modo abbastanza coerente, però adesso forse un po’ me ne pento. Provo a spiegarlo meglio: nella sua organicità la storia è coerente (non ci sono errori, dimenticanze o contraddizioni), mentre lo leggi però, ad un certo punto hai come la sensazione che la logica sia andata a farsi benedire e che si stia procedendo a tentoni in un universo parallelo in cui le cose non si concatenano logicamente come nel nostro.

 

omicidio a whitehall

omicidio a whitehall sarah pinborough fanucci

 

Omicidio a Whitehall inizia come un buon thriller vittoriano, un romanzetto storico wannabe gradevole e solido, che speri ti porti sino alla fine senza troppe turbolenze ed estrosità. Poi, però, succede qualcosa.

 

Il romanzo gotico o dell’orrore si canonizza e inizia ad essere un genere a sé stante intorno alla metà dell’Ottocento

Questo non avviene per caso. La componente orrorifica all’interno di un’opera di finzione ha funzioni specifiche, spesso essenzialmente esorcizzanti delle paure del pubblico di lettori.

Nell’Ottocento tutto questo aveva un senso, oggi, mi chiedo quanto ne abbia ancora.

Chiaramente il romanzo horror si è evoluto insieme ai tempi, cosa che gli ha permesso di sopravvivere all’anacronismo, ma quanto è ancora utile quel tipo di narrazione?

 

omicidio a whitehall

 

Cosa ci trasmette, oggi, leggere che c’era un tipo che andava in giro a mozzare testa, braccia e gambe a donne di facili costumi nella Londra di 130 anni fa? Nulla, se è solo questo. E purtroppo Omicidio a Whitehall è solo questo.

 

Grand guignol

Il romanzo horror ha un senso se, cambiando coi tempi, riesce comunque ad assolvere alle funzioni per le quali è nato

Credo – ma questa è un’opinione del tutto personale – che se non è scritto bene e se non ha dentro cose che vanno molto al di là della semplice ambientazione macabra, il romanzo horror sia davvero fine a se stesso.

Cosa che, per altro, non è necessariamente un male. 

Mi spiego meglio: sto parlando male di questo libro perché l’ho trovato inconsistente ma una critica che mi si potrebbe muovere è: ma cosa ti aspettavi?

 

omicidio a whitehall

 

E il problema, probabilmente, sta tutto lì, nelle aspettative: non riesco a rassegnarmi al fatto che un libro possa non darmi nulla – è per questo che non leggo bestseller, libri alla moda e altra paccottiglia di dubbia origine – ma è un problema tutto mio, perché pare invece che molti lettori (se non buona parte) vadano del tutto consapevoli incontro a certo tipo di narrativa, chiedendo loro stessi un po’ di nulla al libro che gli sta davanti.

Ecco, Omicidio a Whiteall è perfetto se cercate un libro dispensatore di nulla: lo fa bene, con uno stile narrativo di tutto rispetto e senza farvi sentire scemi (per il fatto di averlo scelto) neanche per un momento.

 

 

 

DISCLAIM

  • Le immagini presenti in questo post sono mie o scaricate da Google immagini
  • Questo post non è stato sponsorizzato dalla cheerleader che bullizzava Sarah Pinborough al liceo



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