In questi giorni ci passano sotto gli occhi immagini e notizie che ci parlano di un popolo, quello curdo e dell’attacco che sta subendo da parte dei Turchi.
Ma chi sono i curdi? Chi è questo popolo antichissimo che da sempre lotta per la sua indipendenza?
Ho deciso di dedicare molto spazio, in queste settimane, alla questione curda. Non posso fare nulla per far smettere la guerra che li uccide ogni giorno, l’unica cosa che è in mio potere è mettere il naso dentro un libro, documentarmi sui curdi e poi parlarvene.
Come vi dicevo su Instagram (dove trovate giornalmente post e storie dedicate ai curdi e alle notizie dal Rojava) se iniziassimo a conoscerli meglio, se leggessimo della loro storia, della loro lingua, della loro cultura, forse riusciremmo a sentirli un po’ meno estranei, forse riusciremmo a rimanere un po’ meno indifferenti davanti il loro sterminio.
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Chi sono i curdi?
Un popolo che vive in un territorio a cavallo fra 4 stati differenti, non ha indipendenza e soprattutto, non ha alcuna voce in capitolo.
Ci sono molti motivi, che persone più preparate di me potrebbero spiegarvi, che non hanno permesso ai curdi, in tutti questi anni, di ottenere una loro indipendenza o autonomia.
Ci sono molti motivi interni al popolo curdo, ma molti anche esterni e indipendenti da loro: non sono un’esperta di storia politica né di storia in generale quindi, in questo post, vorrei rimanere su un campo che conosco meglio e parlarvi della lingua e della letteratura curde.
Documentandomi sui curdi, infatti, ho scoperto che fra l’uso della lingua curda, la produzione letteraria in lingua curda e la politica ci sono non pochi legami. In questo post proverò a descriverli.
La lingua curda è una lingua molto antica che afferisce al ramo delle lingue iraniche e quindi al macro gruppo delle lingue indoeuropee (di cui fanno parte anche le lingue neolatine, per capirci)
Quindi, sfatiamo un primo mito: è vero che i curdi vivono in medio oriente, ma il loro ceppo linguistico non è lo stesso degli arabi e degli ebrei (che appartengono invece al gruppo chiamato camito-semitico).
A livello di lingua scritta le cose si complicano. È molto affascinante appurare quanto una lingua riesca ad esprimersi in qualsiasi ambiente, è come un fiume che, in un modo o nell’altro, trova la strada per arrivare al mare.
Vi dico questo perché, è vero, la lingua curda è una lingua indoeuropea ma viene resa graficamente con l’alfabeto del paese in cui viene espressa: i curdi che vivono in Unione Sovietica scrivono in curdo con caratteri cirillici, i curdi che vivono in Turchia e in Siria con l’alfabeto latino (lo stesso che usiamo noi), i curdi che vivono in Iraq e Iran scrivono usando l’alfabeto arabo.
La lingua curda ha dei dialetti (come ogni lingua, del resto), ovvero delle varianti, più che altro a livello lessicale, della lingua principale
Un paio dei dialetti del curdo sono diventati lingua letteraria, ovvero sono stati messi per iscritto e hanno prodotto letteratura.
Ma della letteratura curda parliamo fra un po’. Per adesso facciamo un passo indietro e torniamo alla questione dei dialetti: una comunissima frammentazione dialettale, presente nella stragrande maggioranza delle lingue parlate al mondo, quando interessa i curdi diviene strumento politico degli stati che ne ostacolano l’indipendenza.
Così, mentre in alcuni stati (come la Turchia) la lingua curda è vietata, in altri, come l’Iraq, è consentito parlare in curdo, anzi, la frammentazione dialettale viene rimarcata ed esasperata, per dimostrare che quello curdo in realtà non è un popolo che condivide lingua, cultura e tradizioni (e che quindi potrebbe pretendere una propria autonomia), ma si tratta piuttosto di sparuti gruppi di “minoranze culturali” presenti all’interno di diversi stati mediorientali (minoranze che, va da sé, non rappresentano entità culturali tali da poter aspirare ad un’indipendenza).
Giusto per capire quanto sia ingiusta questa sottostima della questione curda, il popolo curdo, da un punto di vista numerico, è il quarto in Medio oriente dopo arabi, persiani e turchi.
Cito un passo di uno dei libri consultati per scrivere questo post, I curdi nella storia di Mirella Galletti:
Affermare l’originalità della lingua curda non è solo un fatto linguistico ristretto a pochi specialisti, ma diventa un fattore politico di estrema importanza. Negare l’esistenza della lingua curda significa rifiutare la presenza di un popolo diverso dall’etnia dominante.
La letteratura curda e il folclore
Il folclore e la narrazione orale e popolare curda hanno origini molto antiche e tramandano i principi, le speranze, i dolori di un popolo.
Fra le varie opere citate da Mirella Galletti per raccontare la storia letteraria curda, ce n’è una che mi ha colpita: si tratta dell’Epopea della fortezza curda di Dim-dim (XVII sec.) che narra dell’assedio della fortezza curda da parte dei persiani. Mirella Galletti scrive:
I curdi rifiutano di arrendersi alle truppe persiane, organizzano la resistenza nella fortezza di Dim-dim. Per mesi uomini, donne, bambini respingono i ripetuti attacchi persiani. Alla fine il cibo viene a mancare. Dei messaggeri tentano di oltrepassare le linee nemiche per chiedere soccorso. Uomini e donne combattono fino all’ultimo. Per sfuggire allo stupro le ragazze si gettano dall’alto delle fortificazioni. Quando i persiani espugnano la fortezza, i difensori sono tutti morti.
Le opere citate nel libro sono molte, Galletti prova a mettere in evidenza la differenza fra chi ha scritto nella lingua della cultura dominante (araba, turca, persiana), chi ha deciso di fare una scelta politica oltre che linguistica e scrivere in lingua curda.
Fa parte del secondo gruppo Ehmed Khanî, scrittore del XVII secolo che reintroduce l’uso della lingua curda scrivendo quella che è riconosciuta come l’epopea nazionale curda Mem o Zîn, in cui descrive l’amore fra Mem e Zîn, appunto. Il principe Mem non avrà pace finché non riuscirà a liberare la donna amata, Zîn, che rappresenta il Kurdistan.
Come sempre l’espressione letteraria di un popolo ci parla dei suoi bisogni e delle sue sofferenze e nella letteratura curda possiamo rintracciare quella volontà di essere popolo che li ha guidati, negli anni passati, a sconfiggere l’Isis.
Oggi, che li abbiamo traditi, oggi che li lasciamo morire sotto gli attacchi turchi, siamo i cattivi dell’epopea che entrano nella fortezza e uccidono tutti. Non serve essere armati per essere assassini. Basta essere complici.
DISCLAIM
- Le immagini presenti in questo post sono mie o scaricate da Google immagini
- Per scrivere questo post ho consultato: M. Galletti, I curdi nella storia, ed. Vecchio Faggio e A. Coletti, Maurizio Garzoni padre della linguistica curda in La conoscenza dell’Asia e dell’Africa in Italia nei secoli XVIII e XIX, vol. I, Istituto Universitario Orientale (1984)
- Questo post non è stato sponsorizzato dalle groupie del PKK