Due poesie di Lizzie Siddal

due poesie di lizzie siddal
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La stessa sera in cui ho finito di scrivere il mio articolo su Mangiatori di Cervello su Lizzie Siddal, ho fatto delle storie su Instagram, in cui vi ho letto due componimenti di questa splendida poetessa.

Di quell’articolo e delle cose che ho letto per prepararlo vi ho raccontato nel post che trovate a questo link. Adesso, parliamo di poesia.

elizabeth lizzie siddal preraffaelliti dante gabriel rossetti

– TEMPO DI LETTURA 3 MINUTI –

Le poesie di Lizzie Siddal

Nel saggio letto si trovano due poesie di Lizzie Siddal: At Last e Fragment of a Ballad

Non azzarderò una traduzione perché, come ci insegna la buona Franca Cavagnoli, tradurre la poesia è molto molto difficile. Proverò tuttavia a fare una parafrasi, in modo da rendere comprensibile il senso del testo anche a chi non abbia dimestichezza con l’inglese.

C’è da dire che Lizzie, seppur sapesse leggere e scrivere, probabilmente è stata poco istruita o addirittura autodidatta. Questo da un lato ci fa stupire di come sia comunque riuscita a destreggiarsi fra rime e metriche, dall’altro ci dà l’opportunità di leggere un inglese non troppo complicato, sia a livello lessicale che sintattico.

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In At Last Lizzie Siddal affronta un tema piuttosto scottante dell’Inghilterra vittoriana, quello delle Fallen Women.

Le Fallen Women erano tutte quelle donne che avevano avuto una gravidanza al di fuori del matrimonio: fossero prostitute, donne violentate, amanti sedotte e abbandonate, il motivo non importava.

Se l’evidenza dei fatti testimoniava un atto sessuale avvenuto al di fuori del sacro vincolo del matrimonio la donna veniva disonorata per sempre.

At Last

O mother, open the window wide
And let the daylight in;
The hills grow darker to my sight
And thoughts begin to swim.

And mother dear, take my young son,
(Since I was born of thee)
And care for all his little ways
And nurse him on thy knee.

And mother, wash my pale pale hands
And then bind up my feet;
My body may no longer rest
Out of its winding sheet.

And mother dear, take a sapling twig
And green grass newly mown,
And lay them on my empty bed
That my sorrow be not known.

And mother, find three berries red
And pluck them from the stalk,
And burn them at the first cockcrow
That my spirit may not walk.

And mother dear, break a willow wand,
And if the sap be even,
Then save it for sweet Robert’s sake
And he’ ll know my soul’s in heaven.

And mother, when the big tears fall,
(And fall, God knows, they may)
Tell him I died of my great love
And my dying heart was gay.

And mother dear, when the sun has set
And the pale kirk grass waves,
Then carry me through the dim twilight
And hide me among the graves.

E infine

O madre, spalanca la finestra
e lascia entrare la luce del sole;
le colline diventano buie ai miei occhi
e i pensieri iniziano a muoversi piano.

E madre cara, prendi il mio piccolo,
(poiché è da te che io sono nata)
e prenditi cura di lui
e cullalo sulle tue ginocchia.

E madre, lava le mie pallide pallide mani
e fascia i miei piedi;
possa il mio corpo non rimanere a lungo
fuori dalle lenzuola che l’avvolgono.

E madre cara, prendi un rametto
ed erba verde tagliata di fresco,
e spargili sul mio letto vuoto
che il mio dolore non venga riconosciuto.

E madre, trova tre bacche rosse
e staccale dal loro stelo,
e bruciale al primo canto del gallo
che il mio spirito possa non ritornare.

E madre cara, rompi un rametto di salice,
e se la la linfa cola ancora,
allora conservalo per amor di Robert
così lui saprà che la mia anima è in paradiso.

E madre, quando le grandi lacrime scendono,
(e scendono, lo sa Dio, possono farlo)
digli che sono morta del mio grande amore
e che il mio cuore morente era felice.

E madre cara, quando il sole si è posato
e la pallida erba della chiesa ondeggia al vento,
allora trascinami per il fioco crepuscolo
e nascondi il mio corpo fra le tombe.

(parafrasi di Elena Spadafora)

La donna-voce di At Last decide di uccidersi e dà direttive precise alla madre affinché si prenda cura del figlio, affinché non riveli ad altri il suo dolore, affinché il suo spirito non torni a camminare.

Questa donna non aspetta un uomo che la salvi, sarà anche la soluzione più estrema e dolorosa ma lei la assume con massima dignità e risolutezza.

Un’altra donna-voce, quella di Fragment of a Ballad ci racconta una storia che è un topos della letteratura romantico-cavalleresca: l’abbandono.

La fanciulla viene abbandonata dall’amato, ma, a sorpresa, lui ritorna. Il topos vorrebbe che l’argomento venisse trattato quanto meno con entusiasmo, e invece Lizzie Siddal scrive una poesia che suona più o meno come un ah sei tu? Sei tornato?

Fragment of a Ballad

Many a mile over land and sea
Unsummoned my love returned to me;
I remember not the words he said
But only the trees moaning overhead.

And he came ready to take and bear
The cross I had carried for many a year,
But words came slowly one by one
From frozen lips shut still and dumb.

How sounded my words so still and slow
To the great strong heart that loved me so,
Who came to save me from pain and wrong
And to comfort me with his love so strong?

I felt the wind strike chill and cold
And vapours rise from the red-brown mould;
I felt the spell that held my breath
Bending me down to a living death.

Frammento di ballata

Molte miglia attraverso terra e mare,
non chiamato, il mio amore ritornò da me;
Non ricordo le parole che pronunciò
ma solo gli alberi che si agitavano sopra la sua testa.

E lui arrivò pronto a prendere e sopportare
la croce che io avevo portato per molti anni,
ma le parole arrivarono lente una ad una
da labbra di ghiaccio, immobili e ottuse.

Come suonarono le mie parole così ferme e lente
al grande e forte cuore che mi amava così tanto,
chi è venuto a salvarmi dal dolore e dal torto
e a confortarmi col suo amore così forte?

Ho sentito il vento colpire calmo e freddo
e vapori sollevarsi dalla muffa rossastra;
Ho sentito il maleficio che tratteneva il mio respiro
piegarmi ad una morte vivente.

(parafrasi di Elena Spadafora)

Non ci si può di certo azzardare a parlare di Lizzie Siddal come di una femminista, questo è chiaro. Ma dalle sue poesie non emerge solo la componente biografica e individuale, ma anche quella comunitaria di tutte le donne vittoriane che si trovano a fronteggiare problemi nati solo ed unicamente dall’imposizione di ruoli e comportamenti sociali.

Lizzie Siddal non denuncia questa condizione, non esiste – o quanto meno non è arrivato a noi – un componimento in cui Lizzie si lanci in una difesa della donna e della sua emancipazione.

Tuttavia, le donne che fa parlare nei suoi componimenti sono donne che si stanno muovendo nel senso dell’emancipazione e della resistenza, con ogni fibra del loro essere.

DISCLAIM

  • La foto di copertina è scaricata da Google immagini e raffigura un bozzetto del quadro di John Everett Millais “Ophelia” (1852 – conservato alla Tate Gallery di Londra)
  • Tutte le immagini presenti in questo post (ad esclusione dell’immagine di copertina) sono state scaricate gratuitamente dalla pagina Wikimedia Commons dedicata ad Elizabeth Lizzie Siddal (https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Elizabeth_Siddal?uselang=it)
  • Questo post non è stato sponsorizzato dai Preraffaelliti redivivi



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