La stessa sera in cui ho finito di scrivere il mio articolo su Mangiatori di Cervello su Lizzie Siddal, ho fatto delle storie su Instagram, in cui vi ho letto due componimenti di questa splendida poetessa.
Di quell’articolo e delle cose che ho letto per prepararlo vi ho raccontato nel post che trovate a questo link. Adesso, parliamo di poesia.
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Le poesie di Lizzie Siddal
Nel saggio letto si trovano due poesie di Lizzie Siddal: At Last e Fragment of a Ballad
Non azzarderò una traduzione perché, come ci insegna la buona Franca Cavagnoli, tradurre la poesia è molto molto difficile. Proverò tuttavia a fare una parafrasi, in modo da rendere comprensibile il senso del testo anche a chi non abbia dimestichezza con l’inglese.
C’è da dire che Lizzie, seppur sapesse leggere e scrivere, probabilmente è stata poco istruita o addirittura autodidatta. Questo da un lato ci fa stupire di come sia comunque riuscita a destreggiarsi fra rime e metriche, dall’altro ci dà l’opportunità di leggere un inglese non troppo complicato, sia a livello lessicale che sintattico.
In At Last Lizzie Siddal affronta un tema piuttosto scottante dell’Inghilterra vittoriana, quello delle Fallen Women.
Le Fallen Women erano tutte quelle donne che avevano avuto una gravidanza al di fuori del matrimonio: fossero prostitute, donne violentate, amanti sedotte e abbandonate, il motivo non importava.
Se l’evidenza dei fatti testimoniava un atto sessuale avvenuto al di fuori del sacro vincolo del matrimonio la donna veniva disonorata per sempre.
At Last
O mother, open the window wide And mother dear, take my young son, And mother, wash my pale pale hands And mother dear, take a sapling twig And mother, find three berries red And mother dear, break a willow wand, And mother, when the big tears fall, And mother dear, when the sun has set |
E infine
O madre, spalanca la finestra E madre cara, prendi il mio piccolo, E madre, lava le mie pallide pallide mani E madre cara, prendi un rametto E madre, trova tre bacche rosse E madre cara, rompi un rametto di salice, E madre, quando le grandi lacrime scendono, E madre cara, quando il sole si è posato (parafrasi di Elena Spadafora) |
La donna-voce di At Last decide di uccidersi e dà direttive precise alla madre affinché si prenda cura del figlio, affinché non riveli ad altri il suo dolore, affinché il suo spirito non torni a camminare.
Questa donna non aspetta un uomo che la salvi, sarà anche la soluzione più estrema e dolorosa ma lei la assume con massima dignità e risolutezza.
Un’altra donna-voce, quella di Fragment of a Ballad ci racconta una storia che è un topos della letteratura romantico-cavalleresca: l’abbandono.
La fanciulla viene abbandonata dall’amato, ma, a sorpresa, lui ritorna. Il topos vorrebbe che l’argomento venisse trattato quanto meno con entusiasmo, e invece Lizzie Siddal scrive una poesia che suona più o meno come un ah sei tu? Sei tornato?
Fragment of a Ballad
Many a mile over land and sea And he came ready to take and bear How sounded my words so still and slow I felt the wind strike chill and cold |
Frammento di ballata
Molte miglia attraverso terra e mare, E lui arrivò pronto a prendere e sopportare Come suonarono le mie parole così ferme e lente Ho sentito il vento colpire calmo e freddo (parafrasi di Elena Spadafora) |
Non ci si può di certo azzardare a parlare di Lizzie Siddal come di una femminista, questo è chiaro. Ma dalle sue poesie non emerge solo la componente biografica e individuale, ma anche quella comunitaria di tutte le donne vittoriane che si trovano a fronteggiare problemi nati solo ed unicamente dall’imposizione di ruoli e comportamenti sociali.
Lizzie Siddal non denuncia questa condizione, non esiste – o quanto meno non è arrivato a noi – un componimento in cui Lizzie si lanci in una difesa della donna e della sua emancipazione.
Tuttavia, le donne che fa parlare nei suoi componimenti sono donne che si stanno muovendo nel senso dell’emancipazione e della resistenza, con ogni fibra del loro essere.
DISCLAIM
- La foto di copertina è scaricata da Google immagini e raffigura un bozzetto del quadro di John Everett Millais “Ophelia” (1852 – conservato alla Tate Gallery di Londra)
- Tutte le immagini presenti in questo post (ad esclusione dell’immagine di copertina) sono state scaricate gratuitamente dalla pagina Wikimedia Commons dedicata ad Elizabeth Lizzie Siddal (https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Elizabeth_Siddal?uselang=it)
- Questo post non è stato sponsorizzato dai Preraffaelliti redivivi