Quando il collettivo Non una di meno l’8 marzo scorso ha gettato dell vernice rosa sulla statua di Indro Montanelli, ha riaperto una ferita che molti di noi non sapevano neppure di aver subito e di aver inferto.
Quella ferita si chiama colonialismo ed è una delle pagine più brutte e vergognose della Storia d’Italia.
Per scrivere questo post ho letto alcuni articoli e saggi (che vi riporto in calce) e tutti dicono la stessa cosa: il colonialismo italiano, nonostante sia poco studiato e, ancor prima, sia malamente testimoniato da documenti d’epoca, è stato brutale e violento e del tutto privo di quella coerenza di fondo che hanno avuto i seppur altrettanto condannabili colonialismi europei.
Quindi, quando nel 1969, ormai ampiamente fuori dalla vicenda coloniale italiana, Indro Montanelli risponde ad un’indignata Elvira Banotti che a 12 anni in Abissinia era consuetudine che le bambine si sposassero, si macchia di un crimine ancora più atroce di quello di aver stuprato una bambina: anche se adesso ne avrebbe l’occasione non chiede scusa ma mantiene quell’atteggiamento di superiorità beota dell’uomo bianco che spiega le cose alla donna nera.
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La vernice sulla statua di Montanelli ci ricorda perché dovremmo studiare e conoscere il colonialismo italiano in Africa e perché dovremmo vergognarcene ogni santo giorno
In aggiunta a tutte le nefandezze del regime fascista di Mussolini già ben note (dalla promulgazione delle Leggi razziali, all’eliminazione fisica dei nemici politici, passando per altri fra i momenti più bui della Storia d’Italia) dobbiamo necessariamente ricordare il colonialismo.
E dobbiamo farlo oggi più che mai, oggi che chiudiamo la porta in faccia a chi meno di cent’anni fa ha subito i nostri soprusi e le nostre violenze e ne paga ancora le conseguenze.
La storia dell’Impero italiano, se non fosse tragica, sarebbe ridicola (come molte delle imprese del caro vecchio Benito): il colonialismo italiano era iniziato ben prima di Mussolini ovvero già sul finire dell’Ottocento, quando l’Italia prese progressivamente piede in Libia, Eritrea e Somalia. Ma fu Mussolini a volere un Impero per l’Italia, ad imbarcarsi nella guerra di Etiopia nel 1935 e a fondare l’AOI, il vicereame dell’Africa Orientale Italiana.
L’Impero Italiano durò meno di 6 anni: i territori soggetti all’Italia vennero occupati dall’Inghilterra nel 1941.
L’inizio del colonialismo italiano, proprio sul finire dell’Ottocento, si interseca con uno dei grandi problemi del Regno italico da poco unificato: la questione meridionale.
L’Italia era stata unificata ma rimaneva un problema enorme da sanare: l’arretratezza del sud rispetto alle altre regioni d’Italia.
Come sappiamo, il finire dell’Ottocento e l’inizio del Novecento vede la grande migrazione italiana verso l’america e quegli italiani, erano in gran parte del sud.
Ma se abbiamo dei neoitaliani poveri e scontenti e delle terre africane da colonizzare perché non mettiamo insieme il tutto all’insegna di minimo sforzo, massima resa?
Così il governo italiano iniziò a rendere appetibili le colonie, raccontando delle sterminate terre da coltivare e delle donne africane, le veneri nere, avvenenti e molto disponibili. Nei saggi che ho consultato si racconta di un vero e proprio mercato pornografico di foto e immagini raffiguranti donne nere nude e in pose provocanti, diffuse in Italia proprio in quel periodo.
La statua di Montanelli è il riconoscimento ad uno dei padri del moderno giornalismo italiano. Ma è anche un riconoscimento a uno di quegli uomini che andarono in Africa ed esercitarono violenza ed oppressione
Nel 1935 inizia la guerra d’Etiopia, Indro Montanelli è già un giornalista, si propone ad un quotidiano come inviato di guerra ma viene rifiutato così decide di arruolarsi fra gli àscari, i soldati dell’esercito italiano in Eritrea.
Gli àscari erano ovviamente uomini soli, sia perché si era in guerra, sia perché si riteneva che il clima africano non si addicesse alle donne bianche. Quindi come fare? Come saziare l’incontenibile e irrefrenabile desiderio sessuale, ma soprattutto, come ovviare all’incapacità dell’uomo bianco di stirarsi una camicia?
Presto detto, ecco che viene istituzionalizzato quello che venne chiamato madamato, ossia una specie di contratto fra l’uomo bianco conquistatore e l’uomo nero conquistato che, in cambio di soldi, cede la figlia o la sorella.
Ancora una volta, come abbiamo detto già tante volte, il corpo delle donne è un terreno di conquista: il colonizzatore arriva e invade tutto, e spazza via tutto.
Neanche a dirlo, spesso le donne vendute agli italiani erano piccolissime. Giovani donne comprate come schiave, sessuali e non, dai nostri bravi giovani al fronte.
Quando con l’espressione più candida del mondo Montanelli risponde a Elvira Banotti ma a 12 anni in Africa sposano, tralascia volutamente un particolare, ovvero che in Italia, una dodicenne, è in tutto e per tutto una bambina. E il fatto che lui, uomo cresciuto in seno alla cultura italiana, non abbia provato alcuna remora a fare sesso con una dodicenne fa di lui un mostro.
Per lui, per l’italiano, una dodicenne è una dodicenne, è una bambina.
Scrive Tertulliano Gandolfi ne I misteri dell’Africa italiana (1910):
Fra i tanti dolorosi casi osservati da me, eccone uno. Una volta vidi in pieno giorno un sottufficiale trombettiere curvo, come una bestia in calore, sopra un bimbo di circa otto anni, malaticcio, che non aveva altro che la pelle e ossa, che lo stuprava.
La vernice rosa sulla statua di Montanelli vuol farci ricordare tutto questo, vuol dirci di smetterla di pensare che siamo un popolo di brava gente perché non lo siamo oggi, e non lo siamo stati in passato
Durante tutto il periodo della colonizzazione italiana in Africa (un periodo totale di circa 60 anni), donne e bambini sono stati stuprati, picchiati, resi schiavi, interi villaggi sono stati dati alle fiamme, famiglie divise, popoli deportati in campi di concentramento e di sterminio.
Le mogli-schiave degli italiani venivano poi abbandonate o cedute ai militari che restavano.
I figli, frutto del madamato, a volte venivano riconosciuti dai padri, a volte no, in ogni caso rimanevano nelle colonie, insieme alle madri, quando i padri tornavano in Italia.
La statua di Montanelli ci parla di quella che è considerata una della più grandi penne (e menti) dell’Italia contemporanea, ma anche di un omuncolo che un giorno della sua vita comprò una bambina, un cavallo e un fucile, un mostro che la stuprò e poi la lasciò in Africa, come se non fosse più affar suo.
Era un animaletto docile, queste le parole più affettuose rivolte alla sua schiava-bambina abbandonata, dal grande intellettuale italiano.
DISCLAIM
- Tutte le immagini presenti in questo post sono scaricate da Google immagini
- Per scrivere questo post ho consultato:
– C. Volpato, La violenza contro le donne nelle colonie italiane, DEP n.10/2009;
– G. Trento, Ethiopian-Italians. Italian Colonialism in Ethiopia and Gender Legacies, Arabian Humanities n.17/2012;
– C. Panico, Montanelli, il colonialismo italiano e gli intellettuali orfani del padre (https://www.dinamopress.it/news/montanelli-colonialismo-italiano-gli-intellettuali-orfani-del-padre/);
– Zad El Bacha, La vicenda di Montanelli non è solo “passato”: è anche il nostro presente, (https://www.vice.com/it/article/59x4y3/statua-montanelli-colonialismo) - Questo post non è stato sponsorizzato dall’associazione Donne Etiopi incazzate contro un Fascista