#ResistenzaVera | Osvaldo, il Livore e la Vendetta

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Due settimane fa ci eravamo lasciati con il secondo appuntamento della rassegna di Letteratura italiana su fascismo, antifascismo e Resistenza e con Osvaldo che prometteva al suo superiore che avrebbe fatto di tutto per dimostrare che il suo intento fosse senza ombra di dubbio quello di seguire il fascismo comunque, ovunque, contro chiunque.

Per capire un po’ meglio il comportamento di Osvaldo nel capitolo denominato La notte dell’Apocalisse, di cui vado a parlarvi, mi sono documentata sulla cosiddetta Psicologia del male, una disciplina che studia la deriva malvagia in individui precedentemente equilibrati e non violenti.

 

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Il capostipite di questa disciplina è uno psicologo statunitense che negli anni 70 condusse lo Strandford Prison Experiment: 24 studenti dell’Università di Strandford parteciparono ad un esperimento sociale in cui la metà impersonò delle guardie carcerarie, l’altra metà, i prigionieri.

L’esperimento (che venne infine sospeso) mirava a dimostrare che l’esercizio del potere senza controllo insieme ad una serie di altre variabili, può portare al cosiddetto comportamento malvagio. Di questo però vi parlerò meglio nel video, che sarà online fra due domeniche. Per adesso, andiamo ad Osvaldo e alla Notte dell’Apocalisse.

 

– TEMPO DI LETTURA 3 MINUTI –

 

“All’alba la tempesta si placò, venne il sole, poi fu notte di nuovo e di nuovo l’uragano. Pioggia, vento, saette, fino al mattino successivo. Il terzo giorno il tempo si volse al bello, la sera recò l’aria fresca dell’autunno, e la notte il cielo stellato e la luna nuova. Questa fu la Notte dell’Apocalisse.”

I fascisti sono per strada, e sparano. È questo che dice il dolciaio di via del Corno, tornando dal suo giro in centro.

Quel giorno i fascisti erano andati a prelevare un sovversivo ma durante l’azione era stato un fascista a lasciarci la pelle. Così inizia la loro rappresaglia: girano per le strade sparando e hanno una lunga lista di sovversivi su cui vendicarsi.

Uno degli abitanti di via del Corno, Ugo, intercetta Osvaldo, pronto per unirsi ai suoi camerati, lo picchia, lo immobilizza e lo costringe a confessare quali siano i piani dei fascisti per quella notte.

 

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Vi riporto ciò che Osvaldo dice a Ugo:

È la seconda ondata. Stasera regoliamo i conti con un reggimento di sovversivi. Vendicheremmo Anfossi (il fascista morto quel giorno, ndr) mille contro uno. […]

 

Dopo aver ricevuto la confessione di Osvaldo corre da Maciste, il maniscalco di via del Corno. Maciste è un uomo gigante e buonissimo, ed è anche uno dei sovversivi che agiscono clandestinamente per abbattere il regime fascista.

 

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“Era un fascista che correva all’impazzata. Con la disperazione di un fascista della classe 1900, che ha mancato la Guerra e la Rivoluzione. Ed è forse in ritardo anche per la seconda ondata. In più lo spingeva il livore, tanto forte quanto era stata la violenza subita da parte di Ugo. È spaventoso il volto del codardo visitato dall’audacia! Era la corsa della Disperazione e del Livore incontro alla Vendetta, all’Eccidio.”

Osvaldo, dopo esser stato tramortito, immobilizzato e costretto a confessare, riesce a rimettersi in piedi e a scappare verso il quartier generale dei fascisti. Non vuole mancare, questa volta non vuole perderselo per niente al mondo.

Ma ciò che lui aveva immaginato come una gloriosa Rivoluzione iniziò presto a mostrarglisi in tutta la sua brutalità e violenza: un manipolo di fascisti che girava in auto per le strade di Firenze con l’unico scopo di terrorizzare, minacciare, uccidere.

Così Osvaldo si chiede se è per questo che ha tanto sofferto, se è esattamente questo ciò a cui ha aspirato negli ultimi anni:

“Questa è la Rivoluzione?” egli pensava. Aveva immaginato azioni squadriste accompagnate da canti, da gridi in cui anche gli urli dei feriti erano di gioia, le revolverate mortaretti paesani, e gli squadristi erano ragazzi scalmanati e festosi, nelle nere camicie, col teschio dalla parte del cuore: un portafortuna. Quella corsa silenziosa e veloce, nella notte, per i lungarni deserti, ove le luci dei lampioni perdevano d’intensità sotto la luce lunare, gli ricordava invece il cimitero del paese. Tutto ciò aveva un che di macabro, come di un viaggio incontro alla morte, verso un’alba di terrore.

 

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Maciste e Ugo, dal canto loro, hanno deciso di montare sul sidecar di Maciste e andare ad avvisare tutti i sovversivi di cui Ugo aveva estorto il nome:

Il sidecar è la stella cometa che annunzia il diluvio agli uomini di buona volontà. Lo guida un San Giorgio di due metri, a testa nuda, le labbra fra i denti e gli occhi fissi all’orizzonte: un centauro mitologico che indossa una giacca operaia.

 

 

“Le strade sono deserte, i caffè notturni hanno abbassato le saracinesche: è spenta ogni luce. Le auto degli squadristi traversano un deserto di pietre e di luna. Con gli squadristi è la Morte. Ciascuno di essi ne reca il ritratto sul cuore: un teschio ricamato sulla camicia nera. La Morte li accompagna di casa in casa, è in ogni loro gesto e pensiero.”

I fascisti girano per la città, cantano per riconoscersi tutti un gruppo, si aizzano l’un l’altro ma presto capiscono di non essere i soli a girare per la città e che quella è una corsa contro il tempo.

Osvaldo capisce subito chi è a precederli a casa dei sovversivi e quando i fascisti iniziano a parlare di “un traditore” lui sa perfettamente che quel traditore è lui.

È lui ad aver rivelato i nomi ad Ugo, che ha poi informato Maciste. È tutta colpa sua se anche questa azione squadrista sta per fallire.

 

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Via del Corno, una scena del film di Carlo Lizzani del 1954

 

Ma ad un tratto sidecar e auto si incontrano. C’è un folle inseguimento che finisce in una piazza, davanti ad una chiesa.

Il sidecar sbandò, si capovolse sulla scalinata della chiesa, col guidatore riverso; colpito alla nuca. L’altro uomo, subito rialzatosi, fuggì: svicolò lontano. L’auto si fermò davanti al sidecar. Osvaldo scese di un balzo, si chinò su Maciste, gli sollevò la testa per i capelli. […] Egli era ebbro, allucinato: calciò sul corpo di Maciste. Come eccitati dal suo furore, gli altri lo imitarono: rivoltarono a calci il cadavere, di petto e di schiena. Carlino (un altro dei fascisti, ndr) era rimasto fermo, con la rivoltella in pugno, guardava Maciste e batteva gli occhi come davanti ad un’apparizione, cui non era preparato.

 

Da gennaio e per alcune settimane amaranthinemess.it ospiterà una rassegna di letteratura italiana in cui si parlerà di fascismo, antifascismo e Resistenza.
Per leggere i post della rassegna di letteratura italiana, clicca sul banner qui sotto:

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Maciste muore così, sulla scalinata di una Chiesa, calciato a morte. E Osvaldo, finalmente, raggiunge il suo scopo di condivisione, il suo scopo di Livore e Vendetta.

Il terzo appuntamento con la rassegna di letteratura italiana su fascismo, antifascismo e Resistenza si conclude così.

La Notte dell’Apocalisse è un capitolo provante. Ci mostra con una tecnica di tipo cinematografico l’avvicinarsi di questi due poli, la Vita e la Morte e del soccombere dell’uno sotto i colpi dell’altro.

In ogni caso, Pratolini riserva sempre un momento a quella zona grigia in cui i cattivi sono anche figli, amici, fratelli di qualcuno. Ci sono un paio di righe di una portata drammatica fortissima in cui la madre di Carlino, appresa la notizia che quel pomeriggio un fascista è morto, si preoccupa per il figlio.

Così, quasi giustificandosi, esce dal suo portone di via del Corno e dice ai suoi vicini: Vado al Fascio a sapere qualcosa. […] È il mio figliolo.

 

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Ci vediamo qui sul blog, fra due martedì col quarto appuntamento con la rassegna di letteratura italiana. Vi aspetto!

 

 

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  • Questo post non è stato sponsorizzato dal comitato “Anche i fascisti so piezz’e cori”

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Una risposta a “#ResistenzaVera | Osvaldo, il Livore e la Vendetta”

  1. Articoli davvero chiari e ben fatti. Complimenti, è un piacere leggerli

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